Come più o meno tutti i designer della terra, anche noi teniamo in grandissima considerazione l’opera di ricerca continua sulla User Experience di Nielsen Norman Group, anche solo per il fatto che il termine “user experience” l’ha inventano appunto Norman. 😉
Oggi vi proponiamo un piccolo estratto sull’inclusive design, molto interessante e sicuramente da approfondire:
l’inclusive design è una filosofia di progettazione che ha l’obiettivo di rendere la customer experience soddisfacente per tutti, rispondendo adeguatamente alle differenze di ognuno di noi.
Come designer non dobbiamo partire dal presupposto di conoscere tutto sulle persone per cui progettiamo, ma anzi, dobbiamo coinvolgerle per impararle a conoscerle.
Progettiamo esperienze per un mondo complesso, in cui si parlano tante lingue e convivono culture differenti. Questi differenti background portano le persone ad avere limitazioni diverse sulle cose possono vedere e capire.
i nostri progetti quindi devono essere Accessibili.
Di solito quando ci riferiamo al design come accessibile, intendiamo che l’oggetto della nostra progettazione possa essere utilizzato da persone con disabilità visive, motorie o cognitive. Quindi quello che facciamo è essere sicuri di rimuovere ogni ostacolo che potrebbero trovare i nostri utenti mentre utilizzano ciò che abbiamo progettato.
Ma se non fosse solo questo? Se creassimo un’esperienza migliore e non ci limitassimo a renderla accessibile? Questo non prevede semplicemente la rimozione degli ostacoli sul sentiero, ma renderlo invitante. Come comunità di designer abbiamo anche questo dovere. Possiamo già offrire esperienze che rispettano le differenze nelle abilità fisiche, ma, facendo un passo in più, dobbiamo accogliere tutti senza discriminazioni di genere, razza, lingua o percorso di vita.
Come mettere in pratica l’etica e dimostrare che la nostra progettazione è inclusiva?
Per esempio, quando disegniamo un interfaccia, diamo la possibilità alle persone di descriversi secondo chi sono realmente. Questo si può fare in maniera molto semplice sostituendo una domanda a risposta chiusa con una a più opzioni.
Oppure per una domanda più complessa diamo la possibilità alle persone la possibilità di non rispondere, nel caso non si sentissero rappresentate dalle nostre opzioni. A maggior ragione se questo tipo di risposta non è strettamente necessario alla tipologia di piattaforma che stiamo progettando.
Un altro esempio è assicurarsi che la piattaforma parli la lingua dei propri utilizzatori, anche dando la possibilità agli utenti di correggere le opzioni suggerite quando necessario.
Cambiare il mondo in cui progettiamo le esperienze utente è un passo decisivo per essere più inclusivi.
Ma possiamo fare ancora meglio. Possiamo lavorare all’interno della nostra comunità per cambiare il modo in cui assumiamo ponendoci tra gli obiettivi quello di rappresentare meglio il mondo in cui viviamo. In questo modo creeremo una comunità di progettisti che accoglie tutti quelli che ne vogliono fare parte.